Più poche ore mi separano dalla partenza. Domani pomeriggio partirò per Roma dove sarò ospite dell’amico Leonardo, mercoledì volerò verso Kuwait City, ed infine giovedì mattina arriverò alla mia porta d’India: Mumbai.
Partire per un posto così lontano, per un lungo periodo fa uno strano effetto. Eccitazione e paura si mescolano continuamente succhiandoti via moltissime energie. L’unica cura a questo moto interiore febbricitante è partire, affrontare il viaggio. Ma il tempo che mi separa dalla partenza a volte mi sembra così poco, a volte così tanto. Confusione, smarrimento, fiducia… sono un calderone di emozioni bollenti.
La paura di lasciare il conosciuto; il mistero del nuovo. Trovo moltissima similitudine tra il viaggio e la morte e penso alla verità del vecchio detto “partire è un po’ come morire”.
Si, è proprio così. La morte ci fa paura non tanto per ciò che avverrà dopo, ma per quello che abbandoniamo alle nostre spalle. Viaggiando/morendo dobbiamo lasciare tutto ciò che abbiamo, le cose belle e quelle brutte, gli affetti, i beni materiali, le sicurezze… Viaggiando /morendo ci rimettiamo in gioco, si riparte da zero.
L’ostacolo non è dato tanto dal dover affrontare il viaggio, quanto dal dover abbandonare tutto il passato. Qui sono qualcuno, ma una volta arrivato in India sarò nessuno, sarò allo scoperto, non potrò fuggire quindi da me stesso. E questo non poter fuggire dal nostro io più profondo credo che sia la causa del malessere che ogni viaggiatore (esperto e non) prova prima della partenza.
Ma se tutto va come deve andare, questo magone si trasformerà, man mano che il viaggio prende piede, in una sorta di ebbrezza, di euforia infantile e benefica. E’ l’emozione del bambino quella che il viaggiatore cerca nei suoi pellegrinaggi, una sorta di paradiso perduto che si può riacquistare solo se abbiamo il coraggio di affrontare noi stessi. Avrò io questo coraggio?
lunedì 13 ottobre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento